Identifica: cosa diavolo sta succedendo dentro di te

Identifica: cosa diavolo sta succedendo dentro di te

Scritto da Matteo Ricci il · 9 mins read

Identifica: cosa diavolo sta succedendo dentro di te (prima che ti travolga)

Immagina: ti arriva un “Ne parliamo dopo”. Tre parole. Tre secondi. All’esterno: niente. Dentro: cataclisma, sirene, effetti speciali Marvel.

Io l’ho vissuta così troppe volte. La realtà era piatta, neutra. Ma il mio cervello aveva già convocato il consiglio di guerra.

Ecco il punto di tutto: senza capire cosa succede dentro di te, reagisci in automatico. E quasi sempre a caso. La I di Identifica serve a una cosa sola: spegnere l’autopilota per quei dieci secondi che ti salvano la giornata.

Vuoi vedere il metodo completo? Qui trovi il protocollo completo dei 6 step: Metodo I.R.O.N.I.A. – la calma operativa senza mantra È il quadro generale da cui nasce anche questa prima fase, la I di Identifica.

Il caos parte quando non hai un vocabolario per il tuo casino interiore

Il problema non è “provare troppo”. Il problema è non riconoscere cosa stai provando.

La dinamica tipica:

Qualcosa ti triggera.

Non fai in tempo a registrarlo.

Sei già in modalità reazione: chiusura, polemica, scroll infinito, biscotti spariti.

La mia specialità: una micro-critica → “non valgo un c***o” → dramma greco completo in 60 secondi.

Quando non identifichi:

mescoli pensieri ed emozioni in un frullatore

confondi sensazioni con fatti

ti ritrovi 30 minuti dopo in un comportamento che non ricordi di aver scelto

La I di Identifica crea quello spazio microscopico tra lo stimolo e l’impulso.

Micro-Azione “E allora?”

Quando senti il “vampiro” salire (petto teso, mandibola serrata, nodo in gola):

  1. Fermati 5 secondi.

  2. Chiediti: “A cosa sto reagendo, esattamente?”

  3. Non fare nient’altro. Nota e basta.

Pensieri, Emozioni, Impulsi: la triade del caos

Versione semplice, non da psicologo: PEI.

Pensiero

La radio interna. Commenti, storie, ipotesi catastrofiche. Io riconosco i pensieri quando inizio a litigare mentalmente con persone che non sono presenti.

Emozione

Un’etichetta + una sensazione fisica. Cuore a mille = ansia. Calore in faccia = rabbia. Vuoto allo stomaco = tristezza.

Impulso

La spinta a fare qualcosa ORA. Rispondere immediatamente. Aprire Instagram. Mangiare “qualcosa”.

Nel mondo reale, è tutto mescolato. Ma separarlo ti permette di capire chi sta pilotando la navicella.

Micro-Azione “E allora?”

Ripensa a una situazione recente:

Pensiero principale

Emozione principale

Impulso principale

Non cambiare niente. Osserva e basta.

Dare un nome calma il sistema (letteralmente)

Quando etichetti un’emozione, il cervello passa da “incendio totale” a “ok, sappiamo che cos’è”.

Funziona così:

Se resti sul vago (“sto uno schifo”), il panico aumenta.

Se specifichi (“ansia 7/10”), il sistema si regola.

Dare un nome non risolve tutto, ma abbassa il volume.

Io la prima volta mi sono detto: “Ok, questa è ansia. Non sto morendo. Sto solo catastrofizzando.” Ridicolo, ma ha funzionato.

Micro-Azione “E allora?”

Blocca la frase “sto malissimo” a metà e riformula:

“In questo momento sento [emozione] a [voto/10] e sto pensando che [pensiero].”

Precisione > dramma.

Identificare in tempo reale: la tecnica da 10 secondi

La I non è meditazione zen: è un gesto di 10 secondi.

Schema base:

  1. Nota: “Ok, qualcosa si è attivato.”

  2. Respira: due respiri lenti.

  3. Descrivi: una frase su ciò che sta accadendo.

Esempi concreti:

Scenario Ansia

Mail con oggetto “URGENTE”. → “Sto andando in ansia (7/10). Penso che ci sia un problema. Vorrei rimandare.”

Scenario Rabbia

Commento passivo-aggressivo. → “Ecco la rabbia (8/10). Mi sento mancato di rispetto. Voglio attaccare.”

Scenario Craving

Voglia forte di scroll o cibo. → “Craving (8/10). Sto evitando una tensione.”

Micro-Azione “E allora?”

Per un giorno scegli un solo tema (ansia/rabbia/craving). Ogni volta che appare:

  1. Nome emozione

  2. Pensiero

  3. Impulso

Stop. Niente giudizi.

Quando è tutto un minestrone: l’etichetta “generica”

Ci sono giorni in cui è tutto indistinto: tensione, irritabilità, rumore mentale.

In quei casi, la precisione non serve. Serve onestà.

Esempi utili:

“Oggi è Tensione.”

“Oggi è Pressione.”

“Oggi è Rumore.”

Meglio un’etichetta imperfetta che nessuna. Non ti dà controllo totale, ma ti evita la recita del “tutto ok”.

Micro-Azione “E allora?”

A fine giornata chiediti:

“Qual è una parola che descrive il mio stato interno oggi?”

Scrivila. Basta.

Perché identificare è la base di tutto (anche del resto del Metodo I.R.O.N.I.A.)

Identificare non è la parte noiosa: è la fondazione.

Senza la I:

Ridimensionare è impossibile: non sai cosa ridimensionare.

Osservare diventa fuga.

Nominare perde senso.

Interrompere è casuale.

Agire diventa reazione travestita da scelta.

La I apre lo spazio. Minuscolo, ma reale.

Ti permette di dire:

“Sto reagendo alla paura del giudizio, non alla mail.”

“Sto seguendo la voglia di anestetizzarmi, non la fame.”

“Sto rispondendo a un vecchio copione.”

Se vuoi vedere come la I si incastra con tutte le altre fasi del metodo (Ridimensiona, Osserva, Nomina, Interrompi, Agisci), leggi il protocollo completo: → Metodo I.R.O.N.I.A.: la calma operativa senza mantra Una guida di 5 minuti che integra neuroscienze, ACT e micro-azioni.

Micro-Azione “E allora?”

Per una settimana scegli un solo contesto: lavoro, relazioni, social o cibo.

Regola unica:

“Prima di reagire, identifico in una frase cosa sta succedendo dentro di me.”

Non devi riuscirci sempre. Devi solo notare quando funziona.

Questo è l’inizio del Metodo I.R.O.N.I.A.

Approfondimenti collegati

Per esplorare meglio i punti più delicati della fase I – Identifica, trovi tre guide dedicate:

Micro-segnali del corpo: riconoscerli prima dell’emozione

Impulso, bisogno o abitudine? La distinzione che ti salva dai disastri

I 7 errori più comuni nell’identificazione emotiva (e come evitarli)

R - Ridimensiona

FAQ

Come faccio a riconoscere un’emozione prima che mi travolga?
Nota la sensazione corporea (petto, pancia, mandibola) e dai un nome all’emozione. L’etichetta riduce l’intensità e ti permette di evitare la reazione automatica.
È normale confondere pensieri ed emozioni?
Sì. Il pensiero è una frase nella testa; l’emozione è una sensazione nel corpo. Separarli riduce il caos interno.
Cosa posso fare quando sento salire l’ansia all’improvviso?
Fermati 10 secondi, respira lento e descrivi ciò che accade: emozione + voto (es. ansia 7/10). Interrompe il picco e riporta a terra.
Come riconosco un impulso da un bisogno reale?
L’impulso ha fretta e chiede reazione immediata. Il bisogno può aspettare. Se non riesci a posticiparlo di 30–90 secondi, è quasi sempre impulso.
Cosa fare quando provo tante emozioni insieme e non capisco nulla?
Usa un’etichetta generica: tensione, rumore, pressione. Meglio una parola approssimativa che restare nel caos indistinto.
Identificare le emozioni non rischia di farmi fissare ancora di più sul problema?
No. L’identificazione sposta il focus dalla reazione automatica alla consapevolezza. Non alimenta il problema: lo delimita.
Quanto tempo serve per imparare a identificare cosa provo?
Con 10 secondi alla volta, in 1–2 settimane diventa naturale. La costanza batte la durata.
Posso usare la tecnica della I anche durante discussioni o al lavoro?
Sì. Nota → respira → dai un nome. Puoi farlo in silenzio: abbassa la reattività senza che nessuno se ne accorga.
Perché è così difficile riconoscere cosa provo?
Perché il cervello reagisce prima della consapevolezza. La I serve a infilarti nello spazio tra stimolo e reazione.
La I di Identifica funziona anche se non so descrivere bene le emozioni?
Sì. Una parola vaga (agitazione, peso, fastidio) è già sufficiente per ridurre l’attivazione.
Come si collega la I al Metodo I.R.O.N.I.A. completo?
La I è la base: senza identificare emozioni, pensieri e impulsi, gli altri step non funzionano. È la fondazione dell'intero metodo.
Posso usare solo la I o devo seguire tutto il metodo?
La I funziona anche da sola come micro-tecnica da 10 secondi, ma nel metodo completo lavora meglio perché gli step si potenziano a vicenda.