La notifica vibra nel taschino, un tic nervoso di un mondo che non sa stare fermo. E tu, che avevi finalmente afferrato il filo di un pensiero, cadi.
Apri “solo un attimo”, come un tossico che dice “solo una canna”. Tre minuti dopo, il pensiero è volato via, ti ritrovi con le dita che scivolano sul vetro e un vuoto allo stomaco.
La motivazione è la tossina di questo secolo.
Arriva come un picco di adrenalina in un vicolo, promettendo l’assolo di chitarra, la scena del film. Poi si sgonfia e ti lascia nel salotto con la luce al neon, i piatti sporchi, la lista della spesa.
Lo scopo non brilla. È la tosse secca di un motore che deve partire lo stesso, anche se fuori piove. Non ti promette l’epica, ma ti tiene attaccato alla roccia quando le dita non hanno più forza.
Questo articolo è il pilastro della nostra Crescita Personale Anti-Guru di MessyMind. Qui applichiamo il Metodo I.R.O.N.I.A. per fare a pezzi la retorica del “diventa la versione migliore di te”, come si squarta un maiale al mattatoio. E riscopriamo l’arte più sovversiva: fermarsi e ridere della propria tragica, magnifica ordinarietà.
Lavoriamo sulle fasi Nomina e Interrompi: dare un nome all’incubo, per poi spezzarne l’incantesimo con una risata, prima che si trasformi in un dogma che ti prosciuga il portafoglio e l’anima.
Il paradosso della motivazione
Ci hanno venduto la “carica”. Peccato che la vita non sia uno spot. La vita sono le scadenze che puzzano di muffa, i figli con la febbre a mezzanotte, la lavatrice rumorosa dei vicini, i colleghi che ti parlano mentre cerchi di ricordare dove hai parcheggiato l’auto. La motivazione è un picco emotivo, una droga a buon mercato. Quando la insegui, finisci per riorganizzare la libreria per la terza volta, pur di sentirti vivo per un attimo.
Fase I.R.O.N.I.A.: Nomina. Devi riconoscere il pensiero “non sono abbastanza motivato” per quello che è: una trappola da quattro soldi, il marketing spirituale di chi vuole venderti un corso. Etichettalo. “Ecco, sta arrivando la stronzata della fiamma interiore”. Guardala passare come un camion dei rifiuti.
Lo scopo è meno seducente. Non ha la faccia di un influencer. È la frase che ti sussurri quando il cervello è una zuppa tiepida. “Pubblicare un articolo il lunedì”. “Allenarmi 20 minuti, tre volte”. “Imparare cinque nuove parole al giorno”. Direzione chiara. Niente fronzoli.
Fase I.R.O.N.I.A.: Interrompi. Ogni volta che ti chiedi “qual è il mio scopo?”, prova a ridere. Stai cercando il GPS per la vita come se fosse un navigatore per andare da Milano a Napoli. Forse il senso non è nell’arrivo, ma nella deviazione, nella strada sterrata che non era segnata.
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Scopo + confini: un binario semplice
Immagina di essere su un tram, la notte, in una periferia infinita. I binari sono due, lucidi sotto la pioggia. Nella tua giornata, quei binari sono: uno scopo minimo (un perché scritto con il sangue su un pezzo di carta, con un numero dentro, come un riscatto) e un confine gentile (un “no” che è un muro di gomma, che protegge un pezzetto della tua attenzione come si protegge l’ultimo pacchetto di sigarette). Così, l’autostima non è più l’umore ballerino del giorno, ma il fatto di aver messo una X sul calendario. Aver fatto la puntata successiva della tua telenovela personale.
Esempio concreto, preso dalla vita: “Scrivere 800 parole ogni lunedì, entro le 11”. Poi aggiungi il confine, che è un’azione, non un pensiero: “Dalle 9:30 alle 10:00, niente app. Niente email. Come se il mondo fuori fosse spento”. Se oggi salti, domani non raddoppi. Riprendi. È questo che evita la guerra civile dentro di te, la logica del tutto-o-niente che ha fatto più morti della ‘ndrangheta.
Dire “no” senza fare guerra
La paura è sembrare scortesi, di essere etichettati. In realtà, un “no” ben dato è un atto di cura. È come dire a un amico: “Non posso prestarti i soldi, ma posso aiutarti a trovare lavoro”. È un gesto fatto per te e per l’altro.
Nomina ciò che ti succhia le energie in nome della crescita. Chiamalo per nome: “Il vampiro delle chiacchiere inutili”, “Il ricatto della disponibilità”. E Interrompi la dinamica del “dire sempre sì per non deludere”. Perché alla fine deludi te stesso, e quello è un tradimento più grande.
Formula “salva-confini” in tre mosse:
- Riconosci: “Grazie per aver pensato a me.” (È un inchino, una formalità.)
- Dichiara il vincolo: “Stasera sono bloccato a lavoro.” (Non chiedere scusa. È un fatto.)
- Offri un’alternativa: “Domani alle 17 ci sentiamo dieci minuti.” (Il ponte che getti dopo aver tagliato la corda.)
Il segreto è dirlo prima. Prima che la richiesta ti piombi in casa. Se serve, scrivilo sul telefono come una frase pronta. È un modo per rispettare il tuo scopo senza creare attrito, come ungere gli ingranaggi di una macchina che deve durare.
Quando inciampi (perché succede)
Arriverà il giorno in cui scorrerai 20 minuti senza accorgertene, come un sonnambulo. O dirai “sì” per stanchezza, per il quieto vivere. Non fare processi, non serve a niente.
I processi sono lussi per chi ha tempo da perdere. Riprendi dal prossimo micro-passo, non da una penitenza. Un trucco semplice, che viene dalle scommesse clandestine: non saltare due giorni di fila. È la cintura di sicurezza delle abitudini. L’unica regola che conta.
Crescere (davvero) con I.R.O.N.I.A.
La crescita personale non è un’ascesa infinita verso un cielo immacolato. È una serie di stop consapevoli in autogrill, di notte, con il caffè cattivo e lo sguardo lucido di chi sa di avere ancora tanta strada.
Con il Metodo I.R.O.N.I.A. impari due cose fondamentali, due sopravvivenze:
Nomina le illusioni: quando le chiami per nome, “Ansia da Produttività”, “Sindrome dell’Impostore”, smettono di essere mostri e diventano quello che sono: parole.
Interrompi i loop mentali prima che diventino stili di vita, prima che ti costruiscano la gabbia intorno.
Non serve un nuovo mantra, serve una risata lucida, che fa più rumore di un applauso in un teatro vuoto.
Lezione I.R.O.N.I.A.: Nomina la bugia più elegante che ti racconti (“se mi impegno di più, se sudo abbastanza, un giorno starò meglio”) e interrompila oggi, con un “no” onesto e liberatorio come un pugno nello stomaco.
Piccolo glossario anti-fuffa
- Scopo: una frase con un verbo e un numero (es. “pubblico 3 post al mese”). È l’osso da rosare.
- Confine: un “no” che protegge una finestra (telefono in modalità aereo, porta chiusa per 7 minuti). È il lucchetto.
- Avanzamento: la X sul calendario, un segno nero su un giorno bianco. Non la perfezione del risultato.
- Togli, non moderare: disinstalla per una settimana l’app vampira, invece di promettere “solo cinque minuti”. L’astinenza è più facile del controllo.
FAQ
- **Serve forza di volontà sovrumana?**
- No. Togliere tentazioni stanca meno che resistere mille volte. Due rituali brevi valgono più di un piano complicato.
- **Lo scopo non mi “accende”, è un problema?**
- Non deve. Serve a orientarti, non a emozionarti. L’emozione arriva spesso dopo che inizi.
- **Come dico “no” senza bruciare i ponti?**
- Riconosci, dichiara il vincolo, proponi alternativa. Cortese, breve, in anticipo quando puoi.
- **Se salto una settimana, ha senso ricominciare?**
- Sì. Riparti dalla soglia dei 120 secondi e da una finestra protetta. La regola è: non saltare due giorni di fila.
Ricapitolando
- Smetti di inseguire picchi: lo scopo è la scorta di acqua e gallette per il deserto dei giorni normali.
- I confini non sono muri: sono binari gentili, quelli che ti impediscono di finire in un dirupo.
- Due rituali bastano: 120 secondi di sguardo + 7 minuti di finestra protetta. Non sono preghiere, sono esercizi di sopravvivenza.
- Togli (app, notifiche), non “gestire”. Meno frizione, più continuità. Come togliere il ciuccio a un bambino.
- Niente colpe: riprendi dal micro-passo successivo e tieni viva la striscia di X. Come un giocatore d’azzardo che conta le vincite.
Nomina una bugia. Una sola. Quella che ti racconti in nome della crescita (“dovrei meditare di più”, “devo essere produttivo ogni giorno, altrimenti sono un fallito”). Scrivila su un pezzo di carta. Guardala. Poi interrompila con ironia: chiudi il libro motivazionale, spegni il video del guru. E concediti di non migliorare un cazzo, per un intero pomeriggio. È un atto rivoluzionario.
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Disclaimer – Metodo I.R.O.N.I.A.
Il Metodo I.R.O.N.I.A. è una pratica di benessere mentale basata su esperienze personali. Non sostituisce il parere di un medico o psicoterapeuta.
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