In breve: Sette mosse pratiche e veloci per esprimere il tuo “vero io” al lavoro senza sembrare “anti” con frasi assertive e pronte all’uso, piccole pratiche da 5 minuti e un metodo “gentile” per gestire i colleghi piu difficili e rompi scatole. Zero dogmi: solo piccoli cambiamenti sostenibili.
Cos’è l’autenticità sul lavoro (e perché conta davvero)
Essere autentici in ufficio non vuol dire sparare tutto quello che si pensa a destra e a manca. Piuttosto, è essere chiari su come ci si comporta, su cosa è importante per noi e su quali sono i nostri limiti, trovando un accordo con gli altri. Alla fine si litiga di meno, si prendono decisioni con più facilità e si evita di arrivare a sera completamente esausti. Pensa all’autenticità come un muscolo. Cosi come i bicipiti , o gli addominali, non li costruisci con una sessione di 12 ore in palestra, ne l’autenticità arriva con un discorso epico in riunione, ma devi costruirla con piccoli gesti quotidiani.
Perché fingiamo tutti di adorare le riunioni?
Allora, parliamoci chiaro: se sei lì che leggi questo articolo col terzo caffè del mattino in mano, cercando di non pensare al meeting su Zoom delle 11… forse è il momento di ammettere che tu e il lavoro non avete proprio quel rapporto da favola Disney.
E tranquillo, non sono qui per dirti la solita cosa su ‘segui la tua passione!’. Tanto per dirla tutta, se avessi seguito quel consiglio, a quest’ora probabilmente sarei in Perù ad accudire alpaca vestito solo di un telo che copre le parti intime invece che qui a scrivere tra una call e l’altra.
Ora mi tocca però essere sincero ed ammettere cioè che per diversi anni ho pensato che un po’ di meditazione guidata su un’app gratuita e un poster ispiratore appeso in ufficio dietro lo schermo del computer potessero trasformare il mio lavoro da “girone dantesco degli sfigati” in una specie di viaggio spirituale illuminante. Poi pian pianino ho capito (e accettato) che nei momenti di caos quotidiano, la persona che ero davvero assomigliava più a Gollum che a un saggio illuminato, e che andava bene così. In tutto ciò ho imparato che Lavorare felici non significa diventare monaci zen che codificano HTML (anche se, ammetto, la tonaca avrebbe il suo perché). Si tratta di smetterla di fingere di essere la versione LinkedIn di te stesso.
Essere se stessi al lavoro: cosa significa davvero
Ricordo ancora il giorno in cui ho realizzato che la mia “maschera professionale” aveva più strati di una cipolla rossa con anabolizzanti. E’ stato un flash. Ho rivisto ogni Meeting, ogni discussione, dove mi ritrovavo a recitare la parte del collaboratore entusiasta. Ho rivissuto il mio teatrino patetico di amore e sottomissione per l’azienda, come un Fantozzi 3.0 mentre dentro sognavo di lanciare post-it come un ninja lancia shuriken.
Devi capire che essere autentici sul lavoro è come andare al primo appuntamento Tinder senza filtri Instagram: spaventoso, ma liberatorio. Se vuoi vedere scintille prova a sostiuire “sono d’accordo con la tua proposta” con “questa idea mi ricorda id quando mio nipote ha colorato il gatto con i pennarelli acrilici”. Te lo sconsiglio in ogni caso però posso garantirti che quando ho iniziato a sostituire i soliti “action item” nelle email con metafore tratte dal Tao Te Ching (“Il progetto è come un fiume: seguiamo la corrente ma evitiamo le cascate”), qualcuno ha pensato fossi posseduto. Altri hanno sorriso. Tutti mi hanno ricordato.
Felicità al lavoro: cosa è (e cosa non è)
“Ammettemialo: quel tavolo da calcio balilla in ufficio non rende nessuno più felice. Guardate i colleghi che ci giocano - hanno la stessa espressione spaesata di un orso al centro commerciale.
La vera svolta per me è stata smettere di lottare contro il mio modo di essere. Di come ho smesso di inseguire il tempo Vi faccio un esempio: quando ho cominciato a scrivere i report aziendali in forma di haiku, non solo li approvavano, ma la gente finalmente li leggeva davvero.”
Micro-pratiche di mindfulness in ufficio (5 minuti)
Meditazione per impazienti: 5 minuti al giorno davanti al distributore automatico. Osserva le tue reazioni:
Desideri le patatine? = Attaccamento materiale Ti irriti perché è vuoto? = Resistenza al Dharma Offri il tuo snack a un collega? = Sei già un bodhisattva
Puoi anche approfondire l’argomento “meditazione senza essere diventare un Budda” con questo articolo: “Come meditare senza sedersi gambe incrociate”.
Colleghi difficili: esercizio pratico
Vi propongo un gioco con il vostro collega odioso Aurelio:
La Kabbalah dice che ognuno di noi porta dentro una luce unica ed inimitabile. Ora provate a vedere Aurelio, (leccacu** galattico), come se fosse stato ll vostro maestro spirituale in un’altra vita.
Fatevi questa domanda: cosa potrebbe insegnarvi? La pazienza? L’umiltà? O semplicemente una tecnica di respirazione per non perdere la pazienza?
Poi, regalategli mentalmente un mandarino.
So che suona strano, ma funziona. Provare per credere.
Vocazione e allineamento: come trovarli senza guru
“Vi confesso che per anni ho rincorso la mia ‘missione di vita’ come fosse il Santo Graal. Poi ho realizzato che non è dove arrivi che conta, ma come ci cammini.
La mia intuizione è stata Trasformare una relazione noiosa in una storia fantasy con numeri che diventano draghi, grafici che si facevano incantesimi. Il capo pensava fossi impazzito. Il risultato è stato che due settimane dopo il cliente ci elogiava per la nostra ‘visione unica’.
Come essere autentici al lavoro in 7 micro mosse pratiche
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Chiarisci 3 valori non negoziabili
Esempio: "onestà, tempo di deep work, rispetto dei limiti". Scrivili e condividili con te stesso/a.
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Scegli due frasi assertive pronte
- "In questo momento sono su [priorità]. Possiamo rivederlo domani alle 11?" - "Senza [risorsa X] rischio un lavoro mediocre. Preferisci qualità o velocità?"
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Imposta confini gentili
Blocchi di deep work (2×/settimana), notifica al team e motivo legato al beneficio collettivo.
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Micro-pratica 4-4-6
Inspira 4, trattieni 4, espira 6. Due volte al giorno, 3 minuti.
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Gestire colleghi difficili
Metodo sandwich (riconoscimento del problema → richiesta chiara al capo → beneficio per il team).
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Giornale di bordo settimanale
Tre righe (cosa ha funzionato / cosa no / micro-esperimento).
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One-to-one con il manager
Tre esempi di impatto sulla tua produttività + una richiesta specifica (non generica).
FAQ
- Come essere se stessi al lavoro senza sembrare «contro»?
- Rendi espliciti valori e limiti, proponi alternative concrete e temporalizza le richieste (es. «domani alle 11»). Autenticità = chiarezza + collaborazione.
- Quali frasi usare per dire «no» con professionalità?
- Al momento sono su [priorità]. Possiamo rivederlo domani alle 11? Per farlo bene mi serve [risorsa/tempo]. Possiamo rinegoziare la scadenza?
- Documenta gli episodi, imposta confini scritti, indirizza la conversazione sul lavoro da fare e coinvolgi HR se necessario. Procedi a micro-passi, evita scontri frontali.
- Quando NON conviene spingere sull’autenticità?
- In contesti a bassa sicurezza psicologica: procedi per gradi, costruisci alleanze, mostra valore misurabile e allarga il raggio gradualmente.
- Equilibrio vita–lavoro: 3 azioni in 7 giorni?
- Disattiva le notifiche fuori orario. Pianifica 2 slot di deep work. Introduci un rituale di decompressione di 10 minuti post-lavoro.
Conclusione
Essere sé stessi in ufficio non renderà magicamente sopportabili le riunioni infinite, ne renderà sopportabile Aurelio però, tra una presentazione e l’altra, potremmo scoprire che sotto la giacca da lavoro batte ancora il cuore di quel bambino che sognava di fare il pittore o la ballerina.
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- Inviarmi la tua miglior storia horror/spirituale da ufficio. La più folle vince un mandarino energetico (vero, mica virtuale).
E soprattutto grazie per essere arrivato fin qui.
Matteo Ricci